A volte le cose non vanno secondo i piani, e ti ritrovi con la gente giusta ma nel posto sbagliato.
Si parte per il Marmotte Highline Project da Spilamberto, rammaricati di non poter passare il weekend con la tribe, disorientati dalla giornata appena passata, con la mente triste e il corpo stanco.
L’energia però è positiva, si sale sul furgone di Manu verso le nove e mezza di mercoledì sera, pronti per una nuova avventura. Dopo una pizza nei dintorni del paese si imbocca l’autostrada e si comincia il viaggio.
La prima tappa è a Torino, per una veloce spesa per i giorni del meeting. Sono le due di notte, troviamo un Carrefour di periferia aperto 24 ore su 24, la città è silenziosa e deserta.
Immaginatevi cinque disperati vestiti di tutto punto per quattro giorni in montagna che scorrazzano nel supermercato sotto gli occhi stupiti dei due cassieri notturni.
Ripartiamo rapidi ma poco dopo ci tocca di nuovo fermarci. Arrivati al traforo del Frejus scopriamo che è chiuso dalle 3 alle 4 di notte. Guardiamo l’ora e sono le 3 e 20. Da non crederci!
Non ci resta che trovare gli incastri perfetti in macchina per dormire “comodi”, ma ci sveglia poco dopo un guardiano che bussa al finestrino e ci fa notare le sbarre aperte.
Finalmente sbuchiamo in Francia, il cielo inizia a schiarirsi, l’aria è pungente e pulita, si scorgono i profili delle montagne, le stelle e qualche luce della città.
Da Grenoble a Lans en Vercors è una salita tortuosa a tornanti, viaggiamo con gli occhi incollati ai finestrini, intorno a noi sempre più in basso si allontana la città e le montagne si stagliano bellissime in un panorama davvero spaziale.
Si continua a salire e non si arriva mai, il navigatore ci fa perdere un paio di volte, finalmente quando ormai è giorno pieno troviamo il campo base del meeting. Mentre montiamo la tenda i nostri vicini cominciano ad alzarsi, che tempismo perfetto!
Giorno 1
Dormiamo un paio d’ore, poco dopo suona la mia sveglia. Aprire gli occhi è faticosissimo, dopo essere stata insultata un po' riesco nel mio intento di svegliare tutta la truppa. Mangiamo qualcosa e andiamo ad iscriverci. All’infopoint parlano solo francese, il nostro arrivo desta panico, ma per fortuna viene chiamata di gran fretta una ragazza bilingue, così riusciamo a comunicare senza problemi.
Per raggiungere lo spot si cammina 45 minuti, il sole picchia ma il settore che stiamo raggiungendo (il più esposto, situato sopra una falesia di 300 metri, che si affaccia a picco sulla città di Grenoble 1300 metri più in basso) pare circondato dalle nuvole. Camminiamo cantando a squarciagola insieme ad altri ragazzi stranieri, che poco dopo si fermano per una pausa, molto più probabilmente vogliono distaccarsi dal nostro casino..
Io e Gio andiamo subito a provare l’80 metri, “Vive la violence”, famosa per la sua esposizione e panoramicità. Non si vedono che pochi metri di linea, per il resto tutto è immerso nella nebbia più fitta. Un ragazzo seduto sul bordo della roccia suona la chitarra e canta una canzone triste. Il clima è molto emozionante, è il mio turno, pensierosa salgo sulla linea immersa nelle nuvole. Comincio a camminare. Non vedo assolutamente niente, nè le persone sedute all’ancoraggio, nè l’altro lato della linea.
Ad un certo punto si apre il cielo e tutto di un tratto scorgo intorno a me il tanto atteso panorama. Cammino fissando il punto più lontano che il mio occhio riesce a vedere, è davvero bellissimo. Tornano le nuvole e come per magia tutto si immerge di nuovo nella nebbia e nel silenzio.
Cambiamo settore, dall’altro lato della montagna. Il panorama qua è decisamente affascinante, meno esposto ma più naturalistico e montuoso.
Il vento comincia a soffiare forte, ma sopratutto la corrente è ascensionale, le linee sono tutte sospinte verso l’alto. Camminandole comincia una particolare risonanza, quasi da longline, probabilmente dovuta al fatto che il backup non ferma il vento trovandosi al di sopra della linea.
Risulta difficile attraversarle ma è molto divertente combattere col vento.
La sera siamo tutti molto stanchi, mangiamo qualcosa al furgone e scendiamo in paese dove c’è una piccola festa di inizio meeting. I partecipanti sono pochissimi quest’anno, siamo meno di cento, e sono quasi tutti francesi. Un po' di giocoleria e chiacchiere, si torna presto su al campo base per dormire.
Giorno 2
Il cielo è denso di nuvole e minaccia pioggia. Oggi voglio provare la 250, la linea più lunga del meeting, che si trova in un altro posto rispetto ai due settori principali, più in basso verso il paese. Scendiamo in furgone alla linea, ci sono 5 persone davanti a noi. Tra vento, freddo e pioggerella passiamo la mattinata cantando e suonando con altri francesi, ci improvvisiamo band affermata sfornando tutto il repertorio di musica italiana e suscitando grasse risate.
Io e Diana lasciamo i ragazzi a cucinare un paio di buste liofilizzate… Quando mai, il risultato è pietoso, ma la fame è troppa e spazzoliamo via tutto. Ed è il nostro turno. Saliamo all’ancoraggio, mi lego e salgo sulla linea.
Il vento è pazzesco, arrivano folate che ti spostano anche di 4 metri, non è costante e soffia forte. È la prima volta che salgo su una linea così lunga, sono molto contenta, la crosso combattendo con le folate che mi buttano giù con dei leash fall completamente non controllati. Torno indietro stanca e soddisfatta, poi uno alla volta provano tutti la linea.
Verso sera il vento si placa, restiamo solo in tre all’ancoraggio, regna la tranquillità. Faccio un altro rapido giro molto appagante mentre gli altri sono a scalare in una bella falesia poco più in basso.
Le nuvole si diradano e la notte si fa stellata.
La sera ci aspetta una bella festa organizzata dai pazzi ragazzi belga, con musica balcanica, sassofoni, trombe e canzoni, si balla e ci si diverte.
Durante la serata, dopo essermi abbuffata con una buonissima crepes, due ragazzi mi propongono dei croccantini dentro una bella scatolina. Rifiuto gentilmente, non ispirano molto. E meno male… Vale mi spiega che sono vermi! E chi se lo aspettava, a quanto pare si usa mangiarli da quelle parti.
Giorno 3
Oggi il cielo è splendido, fa caldo, ci alziamo presto e corriamo alle linee. Ancora una volta troviamo il settore più esposto ricoperto di nuvole che salgono e scendono.
La giornata passa veloce tra session, chiacchiere, test di taglio della mainline, e relax.
La sera decido di farmi una doccia, quale scelta peggiore? Le “docce” sono un tubo bucherellato appoggiato su tre lamiere probabilmente recuperate in discarica. Ma il problema non è certo quello.. l’acqua è gelida, tanto da strizzarti il cervello e fermarti la circolazione. Saltellando tutta insaponata riesco a darmi una lavata, per poi correre subito al sole per riprendere sensibilità.
La sera scopriamo i giochi di legno, una delle particolarità di questa community francese. Scacchi giganti, Jenga grandezza uomo, e giochi autocostruiti molto divertenti.
Proiettano un film presa in giro di “Bear Grylls” molto comico anche se poco comprensibile essendo tutto in francese, dove alla parodia si alternano splendide immagini di highline negli stessi posti della Norvegia dove i Flying Frenchies avevano compiuto le loro imprese.
Poi una competizione di boulder a coppie, dove ci si ingegna per superare il percorso, utilizzando anche il corpo del compagno.
Giorno 4
Ultimo giorno, ultime session.
Ci svegliamo e ci rendiamo conto di aver finito il cibo… Ci restano sei uova, due crostini e tre mele. Tutto è chiuso perché è domenica. Si sa che la fame è l’unico problema che davvero può dividere il gruppo. Che fare? Salire allo spot affamati sperando di elemosinare qualcosa o scendere verso il basso finché non troviamo un supermercato aperto? Nel mentre ci facciamo una frittata e alla fine decidiamo di salire allo spot con le mele, resteremo su finché non potremo più resistere al richiamo dello stomaco.
Continuo e sempre continuerò ad avere la certezza che i momenti più belli che l’highline ti fa vivere te li regalano gli altri. Godersi gli occhi che brillano e l’adrenalina di chi sale sulla linea… Chi butta il primo passo, si sblocca e non ci crede di essere proprio lì.
Manu si mette in piedi e cammina i primi due passi della sua prima vera highline. Cade ed urla talmente forte che probabilmente lo sentono fino a Grenoble. Si rialza e ci prova ancora. Si rialza, si mette in expo e guarda il panorama, gridando, con gli occhi fuori dalle orbite e la faccia dannatamente entusiasta.
Starsene lì a guardarlo è troppo bello.
Mi emoziono come solo un’altra volta mi ero emozionata, quando Elia aveva buttato i suoi primi passi a Frasassi qualche anno fa. Vedere la loro energia e il loro stupore mi toglie le parole.
Un aliante passa gigante poco sopra la linea, insieme a uno stormo di uccelli che sfruttando la corrente contro la parete salgono e scendono rapidi. Un buon modo per concludere questo meeting.
Smontiamo tutto e torniamo a casa. Arrivo a Milano dopo l’una di notte, molto stanca. Fa caldo, la città sembra vuota anche stavolta. Non vedo l’ora di ripartire per una nuova avventura.
Grazie ai miei compagni di viaggio Lollo, Diana, Manu, Robi e Gio,
e soprattutto a tutta la comunità di slackline italiana che in questi giorni più che mai è una risorsa di energia e di esempio.
Lizzie
(foto di Lorenzo Delbene, Annalisa Casiraghi e Diana Ramirez)
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